25 febbraio 2016

I Tarocchi di Marsiglia

Ad oggi, nessuno storico è riuscito a definire con certezza quando o dove siano nate le carte che conosciamo con il nome di Tarocchi. Ed anche l'origine della stessa parola "Tarocchi", al netto di interpretazioni fantasiose o tirate per i capelli, ci sfugge. Non siamo nemmeno in grado di dire se l'origine dei Tarocchi sia di carattere divinatorio, e poi evolutasi in senso ludico, o se il percorso avvenuto sia esattamente il contrario; anche se ad oggi la tesi più accreditata vuole che il punto di partenza sia stato un originario gioco di carte numerate dette naibbe ("carte", per l'appunto) cui in seguito si aggiunsero le Figure (Paggio, Re, Regina e Cavaliere) e i cosiddetti Arcani Maggiori (La Forza, Il Carro, L'Imperatore ecc.)

La prima menzione certa dei Tarocchi risale al 1376, quando un editto del municipio di Berna vietò espressamente il gioco di carte dei Tarocchi che, a quanto sembra, era un gioco d'azzardo, scevro di connotazioni divinatorie. Nel 1392 nelle minute del tesoriere di Carlo VI, Charles Peupart, venne annotato il pagamento di 56 sol all'artista e decoratore Jacquemin Gringonneur per aver realizzato a mano tre mazzi di Tarocchi con decorazioni in oro. Nel 1377 il monaco tedesco Johannes parlò di un gioco del Tarocco che disse di aver conosciuto in Svizzera. E un anno dopo, nel 1378, abbiamo notizia dell'esistenza di questo gioco anche in Spagna. Per un'ulteriore attestazione dobbiamo attendere il 1457, quando Sant'Antonio fece un riferimento ai Tarocchi nel suo Trattato di Teologia. Ma la lista completa dei 22 Arcani Maggiori non compare che nel 1500, nei Sermones de ludo cum aliis.

Fino al XVIII secolo i Tarocchi sono stati descritti solo come un gioco di carte, spesso d'azzardo, senza alcuna menzione della loro funzione divinatoria o esoterica, e vennero riprodotti in numerose versioni tramite copie di carte preesistenti, trasformazioni, abbellimenti e personalizzazioni, spesso in favore dei ricchi e dei nobili che commissionavano la realizzazione dei mazzi. È solo nel 1781 che lo scrittore ed esoterista francese Court de Gébelin presentò i Tarocchi di Marsiglia sotto una veste occulta nel suo libro Il mondo primitivo e, nel farlo, si prese delle libertà circa la costituzione della serie degli Arcani Maggiori, finalizzate (a suo dire) ad una restaurazione del loro significato originario. De Gébelin aggiunse arbitrariamente uno 0 al Matto, invertì la numerazione dell'Eremita e della Temperanza, aggiunse una quarta gamba al tavolo raffigurato nella carta del Bagatto, modificò lo scettro del Papa e raffigurò l'Appeso in piedi e non più a testa in giù. Nel fare questo de Gébelin propose anche la sua verità sull'origine dei Tarocchi, che sarebbero figure geroglifiche ricavate da l'ultima copia del Libro di Toth salvato dalla distruzione della Biblioteca di Alessandria avvenuta nel 642 d.C.

Dieci anni dopo - nel 1791 - toccò ad un'altro bizzarro personaggio dire la sua sui Tarocchi. Stiamo parlando di un barbiere parigino, all'epoca molto famoso e alla moda, reinventatosi esoterista, di nome Eteilla che stabilì una serie di arbitrarie connessioni fra i 22 Arcani Maggiori, i pianeti dell'astrologia e le Sefirot cabalistiche.

Furono proprio de Gébelin e Eteilla ad inaugurare la tradizione esoterica dei Tarocchi; dopo di loro, infatti, si sono susseguite sino ai nostri giorni migliaia di pubblicazioni sull'argomento, ciascuna delle quali con la promessa di rivelare la verità definitiva sull'origine e il significato dei Tarocchi. Negli ultimi due secoli e passa i Tarocchi sono stati attribuiti agli Egizi, ai Caldei, agli Ebrei, agli Arabi, agli Indù, ai Greci, ai Cinesi, ai Maya, agli extraterrestri, agli Atlantidei e addirittura, per tagliare la testa al toro, ad Adamo in persona, tanto per impedire qualsiasi ulteriore retrodatazione!

Per non parlare della parola "Tarocchi" che è stata fatta oggetto di etimologie traballanti: egiziana (TAR, cammino + ROB, reale); indiana (TAN-TARA, zodiaco); ebraica (TORA, legge); latina (ROTA, ruota oppure ORAT, parla); sanscrita (TAT, tutto oppure TAR-O, stella fissa); cinese (TAO, sentiero) e via dicendo.

Ed anche la rivendicazione dell'invenzione dei Tarocchi è toccata un po' a tutti i gruppi o società segrete vere o presunte: Zingari, Sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, Mistici Sufiti, Massoni, Rosacroce, Priori di Sion e chi più ne ha più ne metta.

Nel tempo c'è chi vi ha voluto ravvedere simbolismi evangelici e/o biblici, insegnamenti tantrici, riferimenti all'I Qing cinese o ai calendari solari aztechi, oppure fantomatici compendi di alchimia, astrologia, cabala. Oggi ci sono in vendita Tarocchi di tutti i tipi: dai mazzi classici a quelli ispirati da fumetti, Giochi di Ruolo, angeli, fate, vampiri, demoni... Basti considerare che negli ultimi 200 anni sono state prodotte qualcosa come 7.000 diverse versioni di Tarocchi e che ancora oggi si continua a ricercare negli archivi e nelle biblioteche antiche un qualche mazzo del passato ancora non scoperto e pronto per essere restaurato e mandato in ristampa.

Tuttavia, il mazzo di Tarocchi più famoso in assoluto è quello dei Tarocchi di Marsiglia, anche se in realtà con questo nome ci si riferisce a diversi mazzi molto simili tra loro che paiono avere tutti un medesimo riferimento iconografico comune, probabilmente perduto per sempre. Infatti i Tarocchi di Marsiglia esistono nelle versioni Conver, Doda, Tourcaty, Fautrier, Payen, Bernardin, Besançon, Besançon-Arnault e Camoin che probabilmente è il più fedele all'ineffabile originale. E molte altre versioni, specialmente quelle italiane, sono nate dalla rielaborazione più o meno libera dei mazzi marsigliesi.

Già nel XVII secolo c'erano diversi tipografi, soprattutto in Francia e in Italia, che stampavano i Tarocchi di Marsiglia in una delle tante varietà disponibili, ciascuno secondo i propri limiti artistici e produttivi per quanto riguarda la raffinatezza delle lastre di stampa ed il numero di colori utilizzati. Bisogna inoltre considerare che i mazzi prodotti per una clientela ricca abbondavano di dettagli e, soprattutto, di colori rispetto a quelli destinati per i giochi del popolo; e questa è una differenza che perdurò anche oltre la nascita delle tipografie industriali nel XIX secolo.

Il mazzo dei 78 Tarocchi di Marsiglia è così composto:

- Una carta non numerata e 21 carte con numeri romani, complessivamente dette Arcani Maggiori.

- 40 carte dette Arcani Minori (o più propriamente Colori), divise in quattro serie da dieci carte ciascuna: tre serie (Bastoni, Spade e Tagli) presentano dei numeri romani progressivi da I a X; mentre le dieci carte di Denari non recano alcuna numerazione.

- Un'ultima serie di 16 carte chiamate Onori o Figure costituite da Paggio, Regina, Re e Cavaliere; una per ciascun Colore.

Le tinte usate nelle migliori edizioni dei Tarocchi di Marsiglia sono 10: bianco, celeste (blu chiaro), blu (blu scuro), giallo (giallo chiaro), arancio (giallo scuro), carne (rosa), verde chiaro, verde scuro, rosso e nero.

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